Il microbiota vaginale e il suo impatto sulla fertilità femminile

Nella ricerca di un qualcosa che potesse migliorare le percentuali d’impianto embrionario e in considerazione della notevole influenza del microbiota sulle funzioni dell’organismo umano, nel tempo si è cercata una correlazione tra quest’ultimo e la fertilità.

L’intento è stato quello di evidenziare condizioni o meccanismi in grado di favorire l’impianto e al tal fine l’interesse dei ricercatori si è focalizzato subito sul microbiota vaginale. 

Cos’è? Il microbiota vaginale è quell’insieme di batteri che colonizzano la vagina. In condizioni di normalità, si tratta prevalentemente di lattobacilli ovvero batteri Gram-positivi in grado di produrre acido lattico, abbassare il pH e impedire la crescita dei batteri patogeni. Evidenziati la prima volta nel 1892 dallo scienziato tedesco Doderlein, oggi si conoscono almeno 9 specie diverse di lattobacilli. La loro presenza e concentrazione cambia ciclicamente nel corso della vita della donna, in correlazione ai diversi livelli di estrogeni.

Nella fase prepuberale, i bassi livelli di estrogeni determinano uno strato sottile della mucosa e bassi livelli di glicogeno con conseguente riduzione dei lattobacilli e un aumento del pH. Con il menarca e, poi, durante la vita fertile, crescono i livelli di estrogeni. Di conseguenza, aumentando lo spessore dell’epitelio vaginale e dei livelli del glicogeno, si favorisce la proliferazione di microbatteri fermentanti che consentono al microbiota di arricchirsi di lattobacilli.

Infine, con la menopausa, e quindi con la riduzione degli estrogeni, il microbiota si modifica nuovamente. In considerazione dei noti effetti sul sistema immunitario e antiflogistici, l’evidenza dell’esistenza di un microbiota d’entità minore anche nell’utero, simile a quello vaginale, ha spinto diversi ricercatori a valutare se una disbiosi vaginale potesse influenzare le percentuali d’impianto embrionario.

Quindi infertilità, microbiota vaginale e intestinale potrebbero essere correlati. Oltre alle modificazioni ormonali e ad altri noti i fattori quali i rapporti sessuali frequenti e la scarsa igiene intima, la principale causa delle modifiche del microbiota vaginale sembrerebbe risiedere nelle modifiche del microbiota intestinale.

La notevole influenza del microbiota intestinale sulla composizione del microbiota vaginale e la concentrazione più bassa di microrganismi in quest’ultimo, ha indotto infatti a ipotizzare che fosse proprio il microbiota intestinale il vero responsabile delle modifiche d’impianto.

Perché si pensa questo? Il microbiota rappresenta un secondo sistema digestivo; infatti i batteri con i propri enzimi possono metabolizzare numerose sostanze producendo metaboliti che possono essere utili o dannosi.

In condizioni di eubiosi (di corretto equilibrio di microrganismi) i probioti metabolizzano gli acidi grassi organici favorendo la formazione di energia, ad esempio metabolizzano metaboliti utili nel ciclo di Krebs, come a titolo esemplificativo l’acido piruvico. Quindi favoriscono la produzione di ATP utilizzato dai mitocondri che sono le centrali energetiche delle cellule. Al contrario, in condizioni di disbiosi (squilibrio microbico), i batteri saprofiti (aumentati in concentrazione) o i francamente patogeni trasformano acido piruvico in metaboliti tossici (acido fenolico e alcol) privando substrato al ciclo di Krebs. Inoltre, mentre il glucosio viene metabolizzato dai probioti con produzione di energia, dai batteri non probioti viene metabolizzato con produzioni di tossine. Infine, una disbiosi caratterizzata da un surplus di flora batterica proteolitica (che degrada le proteine) è caratterizzata dalla decarbossilazione di aminoacidi in prodotti detti amine biogene. Queste sono in grado di produrre effetti tossici e infiammatori. In caso di disbiosi, si verifica un aumento della concentrazione di LPS (lipopolisaccaride), parte della membrana esterna dei batteri Gram-negativi, quali ad esempio Escherichia, Shigella, Neisseria, Salmonella, il cui lipide A rappresenta l’endotossina. Tale aumento provoca la produzione di citochine TNF-alfa, IL-1, IL-6, PAF che attivano l’infiammazione e la coagulazione favorendo fenomeni trombotici. 

A livello della mucosa intestinale, tra gli enterociti vi sono alcune cellule, chiamate cellule M, che fanno parte del MALT (tessuto linfoide associato alle mucose). Esse hanno la funzione di campionare gli antigeni, ovvero sono addette a discriminare ciò che è self (originario dell’organismo) dal non self, e mantengono la tolleranza immunitaria. In caso di disbiosi si ha un aumento della zonulina, una proteina in grado di disgregare le connessioni che tengono unite le cellule superficiali (enterociti). Ne consegue la formazione di canali attraverso i quali antigeni self o non self possono penetrare stimolando direttamente i linfociti. Questi ultimi, in tal modo, li ritengono sempre estranei, con conseguente attivazione della risposta immunitaria anticorpale e cellulo-mediata (rilascio di citochine e linfochine). In questo modo possono comparire autoanticorpi o anticorpi che possono, per effetto di mimetismo o analogia, agire su antigeni umani con conseguenti danni o malattie autoimmunitarie.

Invece il microbioma cos’è? Accanto al termine microbiota, sentiamo spesso citare il termine “microbioma” che definisce l’insieme dei geni presenti in questi microrganismi. Tale quantità supera di ben 150 volte la quantità dei geni umani, con la conseguente ulteriore conferma di come una tale quantità di materiale genetico sia in grado di influenzare le funzioni umane.

In considerazione di quanto appena detto, una modifica del microbioma potrebbe, pertanto, avere delle ripercussioni anche sui processi di fertilizzazione ovocitaria e impianto embrionario. In particolare, già le prime ricerche in tal senso hanno dimostrato una percentuale molto più bassa di impianto in donne con una disbiosi vaginale rispetto a quelle con una prevalenza di lattobacilli (9% contro il 40%), soprattutto se nel microbiota patologico erano prevalenti Gardnerella vaginalis e Atopobium vaginae.

In conclusione, i possibili effetti negativi sulla fertilità umana di un microbiota non normale potrebbero essere:

  • uno stato di tossicità in grado di lesionare le cellule embrionarie;
  • privazione di metaboliti utili alla fertilizzazione e all’impianto;
  • stato flogistico con presenza di citochine che possono interferire con il processo d’impianto embrionario;
  • fenomeni ipossici che possono rendere più difficile l’impianto embrionario e alterare la qualità dei gameti;
  • attacchi immunitari verso antigeni embrionari.

Bibliografia

  1. Wee BA, Thomas M, Sweeney EL, et al. A retrospective pilot study to determine whether the reproductive tract microbiota differs between women with a history of infertility and fertile women. Aust N Z J Obstet Gynaecol 2018 Jun;58(3):341-8;
  2. Haahr T, Zacho J, Bräuner M, et al. Reproductive outcome of patients undergoing in vitro fertilisation treatment and diagnosed with bacterial vaginosis or abnormal vaginal microbiota: a systematic PRISMA review and meta-analysis. BJOG 2019 Jan;126(2):200-207.
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Sono un medico specializzato in Ginecologia e Ostetricia, mi occupo di procreazione medicalmente assistita, aiuto le coppie a coronare il loro grande sogno di diventare genitori e le donne ad ascoltare e conoscere il proprio apparato sessuale.

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